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Tempo fa con alcuni amici ed amiche di Arataion ci si chiedeva come mai attorno ad Aradeo non sorgessero antiche masserie degne di nota. A parte le Tre Masserie, la Corte ed alcune strutture più recenti, di fatto oramai più simili a residenze di campagna che a vere e proprie masserie, non vi sono testimonianze evidenti che ci diano conferma (o smentita) dell’esistenza nel passato di tali edifici. Ancora una volta (come spesso accade nella storia del nostro paese) le carte sopperiscono a quel che le pietre non possono più raccontare. Ecco quindi un elenco delle masserie aradeine presenti ed attive a metà del Settecento. La fonte è il catasto onciario conservato presso l’Archivio di Stato di Lecce.

La Mandrella

Il toponimo è tuttora esistente (come del resto gli altri che vedremo) e rientra nel feudo di Neviano. La masseria la Mandrella si componeva di “casa, curti, capanne” e di circa 64 tomolate di terra (circa 40 ettari) per lo più seminativa e con poca vigna. I terreni, tra i quali rientravano i cosiddetti Pozzilli, confinavano principalmente con lo spartifeudo di Neviano e con altre terre dei padri Olivetani. In quest’epoca (siamo nel 1753) ne era proprietario il sacerdote galatinese Casparo Andriani.

Lo Resta

È la più piccola tra le masserie censite ed era di proprietà del Capitolo della chiesa parrocchiale. Consisteva in “case, curti, pozzo, cisterna”, 15 tomolate di terre seminative ed una chiusa con duecento alberi di olive.

Lo Gallo

In quest’epoca è la masseria di don Gerolamo D’Acugna. Pur essendo un patrizio gallipolino, don Gerolamo e la sua famiglia risiedevano ad Aradeo, in una grande casa (o meglio comprensorio di case) su due piani, assieme ad una piccola corte composta da nutrice, camerieri, servi, ecc. La masseria chiamata lo Gallo rientrava tra le copiose proprietà sparse sul feudo aradeino e constava, oltre che dei soliti curti, capanni e case, di estese terre da semina e di un giardino (con ulteriore casa e pozzo). I beni della masseria arrivavano fin quasi alla porta del paese, mentre dagli altri lati confinavano con la via pubblica e con le proprietà degli Olivetani e di don Francesco De Blasi. Il catasto ci informa anche sugli animali posseduti: 2 bovi aratori e 50 pecore “da frutto”.

Li Cafari

Appartenente ai Padri della Missione di Lecce, questa masseria era stata loro donata dal cavaliere napoletano Antonio Filomarini. Composte esclusivamente da terre seminatorie, le proprietà fondiarie (nominate La Noce, la Petrosa e L’Aia) si estendevano per circa 15 tomoli. Tra le pertinenze vengono annoverati, oltre alle solite casa, capanne, curti, aia, pozzo e giardinello, anche due buoi.

L’Impresa

Di proprietà del galatinese Don Domenico Mongiò, la masseria insisteva su un territorio di circa 9 ettari e mezzo (13 tomolate di terre seminative e 4 orti di vigna), confinante con la via pubblica ed i possedimenti del barone Francesco Capece di Maglie (anch’egli proprietario di una masseria). Oltre alle terre rientravano tra le proprietà censite nella masseria 2 buoi aratori, 2 “genchi di fatica”, 48 pecore e 2 capre.

S. Ippolito

Ad un altro Mongiò, Giovanni Battista, apparteneva questa masseria che poteva contare dal lato confinante con i beni di Giuseppe Galluccio di Galatina e con lo spartifeudo della stessa città, su 72 tomolate di terra seminativa e 12 di terra agresta, ossia incolta, con aia e cisterna, dall’altro, ossia per la parte limitrofa al feudo di Seclì, su cinque tomoli e mezzo di terra seminativa (con cisterna, aia e triscole) ripartita in due zone denominate La motta delli Curti e Lo Gentilomo.

Raschione

Ai confini con il feudo di Cutrofiano sorgeva la masseria Raschione, consistente in “curti, case, capanne, pozzo, palombaro e tomola cinquanta di terre seminatorie e tomola otto di terre macchiose”. A questi fondi, posseduti dal galatinese Giacomo Viva, andavano ad aggiungersi due “bovi aratori” e 17 orte di vigna nei fondi La Conca e Lo Valescia.

Santa Francesca

Era una delle due masserie di proprietà dei feudatari di Aradeo, ossia dei monaci Olivetani, e consisteva in “case, capanni, curti, terre seminatorie, animali vaccini e pecorini giusta li beni dei PP della Missione di Lecce e Spartifeudo di Neviano”. Volendo elencare più nello specifico i diversi possedimenti di questa grande masseria, dobbiamo riportare: una possessione di 9 tomolate di terra seminatoria (Li Pozzilli) all’interno della quale vi era un tomolo e mezzo ed un pozzo di proprietà dell’Università; altre 12 tomolate dello stesso tipo presso le Curti e 3 alla Rosella; sempre alla Rosella 2 stoppelli di terra macchiosa; una chiusura con ventiquattro di olive alberi ed un’altra cinquantina di tomolate di terra, in parte seminatoria e in parte macchiosa, distribuita sui fondi La Bella, La Roncola o Lenza, La Padula, La Fiorenza e La Celina (quest’ultimo fondo caratterizzato dalla presenza di un unico albero di olive, celine per l'appunto). Chiudevano la lista 2 buoi e 33 pecore.

La Corte

Probabilmente la più antica tra le masserie aradeine, data la sua nascita a metà del XVI secolo. Rientrante nei beni feudali degli Olivetani, aveva tra le proprie pertinenze circa 65 ettari di terreni, in parte seminativi ed in parte macchiosi. I territori erano confinanti, per la gran parte, con le proprietà dei Mongiò, dei Capece (in direzione quindi del feudo di Galatina) e del neretino Francesco Pignatelli, per la parte nominata Le Tagliate. Tra i vari toponimi, il catasto riporta: Lo Cardino, Lo Doni, S. Ippolito e La Gonella. Nel 1753 La Corte risulta essere abitata dal massaro Sabatino Botrugno con la moglie Anna Astore e cinque figli con i quali gestisce un gregge di cento pecore e quattro buoi.

Le Tre Masserie

Infine la grande masseria del barone Francesco Capece di Maglie. Dotata di “curti, case, capanne e ogni altro comodo”, aveva un giardino attaccato alle curti, neviere, cisterne, torre palombara, vigneti, palmento, pilaccio, terre seminatorie, alberi di olive, querceti ed altro: il tutto per un’estensione di circa ottanta ettari di terreno nominato con vari toponimi oggi scomparsi (Lo celzo russo, il Pizzo di S. Antonio, Lo Pizzo alla Nivera, ecc.).