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L’indomani, 7 dicembre, i due arrestati sono portati a Galatone per essere interrogati in pretura.

Puglio è un ebanista di 23 anni, originario di Terlizzi ma da fine novembre dimorante a Lecce, dove si è trasferito in cerca di lavoro. Il giorno 5 dicembre, passando per Galatina, ha incontrato Gaetano Spagnolo e Gennaro Giacomantonio che chiacchieravano in piazza e con loro ha deciso di andare ad Aradeo per divertirsi in occasione della festa del santo patrono.

Giunti in paese, hanno trovato da dormire in una locanda e il mattino seguente, dopo aver assistito alle sacre funzioni, sono andati girovagando. A mezzogiorno hanno quindi mangiato nella taverna della Giuri e poi hanno ripreso il giro fino al rientro della processione in chiesa. Qui hanno assistito alle ultime funzioni e usciti dall’edificio sono stati avvicinati dallo Spagnolo, che si sarebbe rivolto a loro dicendo: ‘Partiamo che qui non stiamo più bene’.

La versione di Giacomantonio, anch’egli ebanista di cinque anni più giovane, differisce in parte da quella del compaesano. Il ragazzo dichiara di aver conosciuto Puglio e Spagnolo in una taverna di Galatina e non in piazza, inoltre non ricorda la frase pronunciata dal tipografo all’uscita della chiesa, dopo la processione. Comunque, entrambi si dichiarano innocenti, cercando di stornare i sospetti sul terzo compagno. Interrogati sul perché della fuga nelle campagne, la motivano con la paura di qualche sinistro da parte di sconosciuti del posto.

Nonostante i tentativi di discolparsi, le testimonianze contro di loro sono tuttavia incontrovertibili. In tanti li hanno visti affiancarsi al capo deputato della festa ed inoltre, il 6 dicembre, ad alcuni non è sfuggito il loro fare sospetto. Pantaleone De Tuglie, ad esempio, novantenne proprietario della stalla dove hanno alloggiato, dichiara di averli visti la mattina della festa nel bar Santoro: Giacomantonio faceva finta di giocare a carte con un terzo, probabilmente Spagnolo, mentre Puglio si guardava attorno lisciandosi i baffi.

Per Giovanni Blago anche i due leccesi sono complici: mentre infatti i giovani falegnami di Terlizzi lo affiancavano, il commerciante Luigi Pedone ed il tipografo Gaetano Spagnolo complottavano in disparte. Per il capo deputato la croce, appena rubata, ‘passò tosto di mano in mano, e i primi a fuggire furono lo Spagnolo ed il Pedone‘.

Blago vuole assolutamente trovare un colpevole, per questo probabilmente accusa tutti e quattro. È lui la parte lesa di questa faccenda in quanto, come capo deputato della festa, è obbligato a rispondere del valore della croce, stimata per 229,50 lire [circa 850 euro dei nostri giorni, n.d.A.].

Alla luce delle dichiarazioni di testimoni e parte lesa, per il pretore non ci sono dubbi. Del resto gli incartamenti pervenuti da Terlizzi parlano chiaro: nonostante la giovane età, Puglio e Giacomantonio sono già considerati di ‘pessima condotta’ e sono stati più volte in galera per furto. Puglio inoltre è ammonito come ozioso, vagabondo e presunto ladro e quindi non si sarebbe potuto allontanare da Terlizzi senza il permesso delle autorità. Per i due si aprono le porte del carcere, mentre restano da chiarire le posizioni di Pedone e Spagnolo. Per la Camera di Consiglio gli elementi raccolti non sono infatti sufficienti per chiarire la dinamica dei fatti: viene quindi dato incarico al Giudice Istruttore di redigere un nuovo rapporto e soprattutto di prendere in considerazione le posizioni di Pedone e Spagnolo. I due vengono convocati per il 3 di gennaio presso il Tribunale di Lecce. Dalle deposizioni del commerciante e del tipografo e da accurate indagini, il giudice deduce che Pedone è un onesto lavoratore, che non ha nulla a che vedere con gli altri tre. Ha avuto solo la sfortuna di imbattersi in loro recandosi ad Aradeo.

Spagnolo, invece, è sicuramente coinvolto nella sparizione della croce. Anche lui, nonostante abbia appena 25 anni, ha numerosi precedenti penali per furto: la prima condanna risale al 1869, quando cioè aveva appena 13 anni, mentre gli ultimi quaranta giorni di carcere li ha scontati a giugno. La sua complicità con i due arrestati, il sue essersi dato alla fuga, come da lui stesso ammesso, sentendo arrivare gli aradeini sulla via per Noha, non depongono in suo favore. Per il giudice non ci sono dubbi e così, dopo averli rinviati a giudizio, il 3 marzo 1882 il Tribunale di Lecce condanna Gennaro Giacomantonio ad un anno di carcere, Gaetano Spagnolo a tre e Francesco Puglio a tre anni e quattro mesi (aggiungendosi la violazione dell’ammonizione). Spagnolo e Puglio ricorrono in appello.

…continua