Aradeo 1452
Nel maggio 1452 monsignor Ludovico De Pennis, vescovo della neonata diocesi di Nardò, compie la prima visita pastorale di cui si ha memoria scritta per il nostro circondario. La documentazione relativa ad Aradeo data il 15 maggio ed è consultabile nel bel volume a cura di Benedetto Vetere, Visite pastorali in diocesi di Nardò (1452-1501), Galatina, Congedo Editore, 1988. Il resoconto della visita, redatto in un latino fortemente pervaso da espressioni e termini volgari, consiste in un dettagliatissimo inventario dei beni appartenenti alle chiese cittadine. Al presule neretino, con ogni evidenza, non interessava tanto lo stato delle anime quanto quello delle cose appartenenti alle nove chiese cittadine: San Nicola, San Giorgio, due chiese di Sant’Antonio, San Salvatore (extra moenia, ossia fuori le mura), Sant’Angelo, Santo Stefano, Santa Maria Annunziata e Santa Maria Domo Culini (una chiesa privata).
Il testo rappresenta dunque un’importante miniera di informazioni su Aradeo, sui suoi quartieri, le sue strade, i suoi cittadini. Componendo in vario modo le notizie ricavate da questo scritto possiamo infatti avere precise notizie sulle proprietà delle chiese aradeine, sulla loro dislocazione, sulle loro caratteristiche e su una miriade di altre informazioni correlate.
TERRE ED ALBERI
Nella relazione voluta dal De Pennis, la proprietà fondiaria è riportata in base a diverse unità di misura. Molto spesso al posto dell’estensione viene conteggiato il numero di alberi (pedem). In tutto le chiese cittadine posseggono 263 alberi, per la gran parte di ulivo. Ovviamente le proprietà maggiori spettano alla chiesa madre (San Nicola), con 96 alberi in parte appartenenti ai singoli altari (l’altare Sancti Martini ne conta 45 ad esempio). Seguono San Salvatore (48 alberi), Santa Maria Domo Culini (41), Santo Stefano (17), Santa Maria Annunziata e Sant’Angelo (16 ciascuno), Sant’Antonio (11), San Giorgio (10) e l’altra chiesa intitolata a Sant’Antonio (8). Oltre agli alberi, le chiese di Aradeo vantano anche appezzamenti di terra di varia misura (pezze, pezzuole, ecc) giardini e giardinelli e persino, come nel caso di Santa Maria Domo Culini, 30 “fenestras apium”, ossia arnie.
I LUOGHI
Dove si trovavano queste proprietà? La geografia dell’Aradeo quattrocentesca è naturalmente molto differente rispetto a quella attuale. I nomi delle strade, dei quartieri, delle località rurali sono oramai quasi tutti scomparsi (ad eccezione di alcuni che vedremo) e testimoniano la significativa permanenza nel quindicesimo secolo di una toponomastica di matrice “greco-bizantina”, tanto nella stessa origine greca di molti nomi, quanto nel frequente riferimento a santi appartenenti al pantheon del cristianesimo orientale (come del resto confermano le stesse intitolazioni delle chiese).
Molte terre e proprietà le ritroviamo in un luogo detto Lustre (32 alberi appartenenti a varie chiese), altre ancora ai Trinchi (17 alberi), altre in un luogo detto Xaloni (15 alberi). In molti casi è il nome del proprietario a denotare il luogo. Di seguito una tabella che riassume la dislocazione dei beni (laddove indicata nella documentazione): in alcuni casi i nomi dei luoghi ricordano contrade tuttora esistenti come la Foresta, le vie di Seclì, Neviano, Cutrofiano, ecc.
ARREDI E SUPPELLETTILI
Oltre alla proprietà fondiaria le chiese possono annoverano arredi e suppellettili, molto spesso non di grande valore. La chiesa più ricca è come al solito San Nicola che possiede un asteriscum d’argento, un calice d’argento dorato con patena, una croce di rame, una pianeta, panni, tovaglie e soprattutto un oggetto di estrema rarità: un cocliar d’argento. Il cocliar è un piccolo cucchiaio utilizzato nel rito greco per somministrare l’eucarestia; sulla base della documentazione raccolta nell’opera di Benedetto Vetere, la chiesa di San Nicola di Aradeo è l’unica, in tutta la diocesi, a possederne uno. Altre suppellettili sono inventariate tra le proprietà di Santa Maria Annunziata (7 tovaglie e una campana), Santa Maria Domo Culini (un amictum, ossia un mantello, una camicia, 3 panni, stole, un manipulum, tovaglie e una campana) e Santo Stefano (una campana).
Tuttavia Aradeo spicca tra gli altri paesi della diocesi principalmente per il possesso di un particolare tipo di bene: i libri. Per qualità e quantità (raffrontata ovviamente al numero di chiese ed abitanti) i libri di Aradeo rappresentano un vero e proprio tesoro. La piccola comunità è seconda solo a Copertino e Nardò (che ne posseggono rispettivamente 47 e 37), ma supera di gran lunga Taviano, Racale, Alliste, Parabita, Matino, Ceglie, Felline, Casarano e Noha
LIBRI
Nel medioevo Aradeo aveva rappresentato, nel contesto salentino, un centro di notevole importanza culturale. Il suo clero si era distinto per l’insegnamento, la produzione libraria e la trascrizione di opere di vario genere, facendo così vivere al piccolo chorion “per almeno quaranta anni (dal 1280 al 1329 circa) un vero e proprio Rinascimento”[1].
Tracce di questi fasti culturali li ritroviamo nei libri posseduti dalle chiese aradeine a metà quattrocento: alcuni di essi sono delle vere e proprie rarità, in quanto non posseduti da nessun’altro nella diocesi. Questo l’elenco completo:
Non preservati arredi, suppellettili e libri, modificata la toponomastica, estinte molte genie, distrutte le stesse chiese, ad oggi la memoria degli ultimi decenni del medioevo aradeino vivono in sparute carte, quali per l’appunto l’inventario dei beni voluto da un vescovo neretino desideroso di rendicontare le ricchezze della propria diocesi.
[1] P. HOFFMANN, Aspetti della cultura bizantina in Aradeo dal XIII al XVII secolo, in Aradeo in «Paesi e figure del vecchio Salento», vol. III, 1989, p. 65